RECENSIONE: Il 37° Mandala, di Marc Laidlaw
SINOSSI DAL WEB: Scrittore fallito di fantascienza, Derek Crowe ha appena pubblicato un nuovo libro dell'occulto. Un manuale che insegna come evocare i Mandala, le misteriose "presenze" che gravitano intorno a ciascuno di noi. Ma chi sono i Mandala in realtà? Esseri venuti da un altro mondo? Da un altro spazio? Crowe si fida di loro, ma potrebbe essere uno sbaglio fatale. Qualcun altro ha lacerato il velo, e ha capito la potenza e l'ostilità dei Mandala. La Terra, ora, rischia un'invasione dall'Altrove.
Oh, l'ha detto un tale che di nome fa Stephen King, mica io.
Ma sarà vero poi che il Re del Brivido, fra un libro e l'altro, oppure poco prima di firmare l'ennesimo racconto, ha trovato pure il tempo di dire questa cosa di Marc Laidlaw?
Ah boh. Non lo sapremo mai. Ma di fatto non è che la cosa abbia poi tutta questa importanza. Quello che importa realmente è la bontà di un'opera (una delle poche giunte in Italia dell'autore) come "IL 37° Mandala", uscito nell'ormai lontano 1996.
Un cosmic horror anomalo, estremamente serioso nell'approccio senza diventare ampolloso, ma che tuttavia, almeno all'inizio, richiede una certa pazienza da parte del lettore quando Laidlaw ci/si lancia senza paracadute nel mondo dell'occulto e della metafisica. Pazienza che comunque viene ben ripagata, dal momento che le vicende che vedono protagonista Derek Crowe sono tanto torbide quanto inafferrabili, così come inafferrabili sono i dannatissimi Mandala, entità extradimensionali che, in un modo o nell'altro, sembrano sempre presenti sulla scena, anche quando non lo sono. Abomini immanenti alla stessa realtà, che danzano negli spazi liminali fra le dimensioni, mossi da motivazioni imperscrutabili ai comuni esseri umani. Sanguisughe psichiche terrificanti che muovono uomini e donne come pedine prive di volontà.
La scrittura di Laidlaw è ipnotica e ricca di dettagli, tanto prodiga di descrizioni quanto attenta a scendere nelle psicologie dei personaggi. Chi scrive non sa se Laidlaw abbia effettivamente raccolto l'eredità di Lovecraft (d'altronde, abbiamo letto davvero poco dello scrittore, poi dedicatosi al mondo dei videogiochi), ma è certo che in qualche maniera il suo cosmic horror dagli afflati orientali è dannatamente perturbante. Pelli strappate e tappezzate di glifi rituali, culti e sette misteriose, discoteche come moderni santuari: "Il 37° Mandala", a tratti, sembra davvero voler trascinare la lezione del Solitario di Providence nel nuovo millennio, e in un certo senso riesce pure nell'intento.
Troviamo azione, introspezione, violenza e perversioni, il tutto scandito da un ritmo di per sé impeccabile: mai troppo forsennato o eccessivamente lento e accartocciato su sé stesso. E poi ci sono loro, i Mandala. Creature che non si dimenticano tanto in fretta, descritte meravigliosamente dalla penna di Laidlaw, e che da sole valgono il prezzo del biglietto.
Spiace che in Italia sia arrivato così poco della già esigua produzione dello scrittore statunitense (abbiamo per esempio il suo esordio "Una Famiglia Nucleare" e "La Terza Forza", anche quest'ultimo edito da Urania), dal momento che i numeri li aveva tutti. E spiace anche, ma questo è un pensiero di chi scrive questo articolo, che con il tempo questo modo di intendere e scrivere Horror si sia perso un pò per strada. Un horror che non strizza l'occhio al lettore e che al contrario gli chiede di fare un passo fuori dalla sua comfort zone.
Non a caso, "Il 37° Mandala" nel 1997 vinse l'International Horror Guild Award.
Mica il primo premio alla Sagra della Patata di Oreno.
DISCO DA ABBINARE: Auroch - Taman Shud, perchè non c'è nulla di meglio di un disco death metal dai toni onirici e meditativi (con qualche rimando ai più blasonati Gorguts, tra l'altro conterranei), ma che non ha paura di menare sporcandosi le mani, per un libro che punta sì sul misticismo, l'atmosfera e un orrore cosmico dagli afflati pseudo-orientali.
Commenti
Posta un commento