RECENSIONI: La Progenie del Sabba - Ginevra De Rossi
SINOSSI DAL WEB: Le storie che le streghe condividono durante l’estasi del Sabba sorgono dai neri pozzi dell’abisso come dalle più autentiche pulsioni dell’anima. Prendi posto al consesso delle gitane. C’è una storia che attende anche te. Quattro racconti diversi tra loro per stile e impostazione, più un quinto che funge da cornice narrativa, tutti dedicati alla stregoneria e alle praticanti occulte. Venite a conoscere Kasia Kasparek la cacciatrice di streghe e Krystofz Szulc il Serracrani in Tessitura suprema, un plumbeo dark fantasy che sconfina nel cosmic horror. Assistete al confronto tra Feronia Ferox e Cosimino il Truce della Santissima Iniquità in Il buono, i brutti, la cattiva, parodia scanzonata che vede una poco affidabile coppia di rubagalline fungere da terzi incomodi. Seguite le vicende di Rysa la strega delle selve dal palco dell’Asta degli Schiavi alla ricerca della propria libertà in Il volo degli Asimuè, un’avventura di stampo classico. E lasciate infine che le suggestioni di Generazioni vi portino alla scoperta del percorso di crescita e presa di consapevolezza della strega senza nome che ne è protagonista. Queste storie sono per voi, per streghe, artisti e gitane, e per tutti coloro che sentono di appartenere alla Progenie del Sabba.
Dopo aver dato alla luce Feccia e Lezzo, i due adorabili minchioni di Pendagli da Forca, torna Ginevra de Rossi con una nuova antologia di racconti, questa volta a tema stregonesco.
Quattro storie una diversa dall'altra per trama, stile e scelte narrative, che rivelano la versatilità della scrittrice e la voglia, soprattutto nella seconda metà, di mettersi in gioco uscendo dalla propria comfort zone.
Di nuovo, quindi, la De Rossi dimostra di essere perfettamente a proprio agio nei racconti brevi, in questo caso intervallati da una storia che fa da collante a tutti gli episodi.
La partenza è fulminante, con il racconto più orrorifico del lotto (nonché il migliore con l'ultimo), forte di un notevole world building (che non sarebbe male esplorare ulteriormente in un ipotetico futuro) e atmosfere ammorbanti. E capirete subito che se la protagonista, novella cacciatrice di streghe, si chiama Kasia Kasparek, con il sottoscritto si vince facile no? Al di là di questa nota di colore, la De Rossi costruisce bene la tensione e conclude in maniera convincente il racconto.
E se il secondo episodio, con il ritorno di quei pasticcioni di Feccia e Lezzo (protagonisti dell'altra opera della De Rossi, "Pendagli da Forca") altro non è che un gustoso divertissement, è con la sezione finale che la De Rossi osa, e vince. I racconti si fanno più intimisti, raccolti, emotivamente complessi. La scrittrice lascia da parte la sua indole più scanzonata per dimostrare che no, il fantasy intriso di romanticismo non è il male assoluto, ma anzi può avere molto da dire, purché non si trasformi in pornografia del sentimenti per casalinghe disperate o quattordicenni in piena tempesta ormonale.
In particolare è l'ultima storia, struggente e intima, a lasciare il segno. Scritto in un sapiente "Tell, don't Show", pare davvero un racconto uscito da qualche polverosa raccolta dei primi del '900. Qui, ancor più che negli altri episodi, la De Rossi lavora di fino con le parole ma non appare né artefatta e tanto meno ampollosa (così come quanto si diverte con i giochi di parole non eccede, rischiando di cadere nello stucchevole). Poche pagine, una manciata di righe scritte in maniera impeccabile, che da sole valgono ben di più di pile e pile di romantasy che tappezzano gli scaffali delle librerie.
Un libretto che si legge velocemente, e che lascia nella bocca del lettore un sapore di zolfo, sangue e miele.
Ora non resta che attendere la De Rossi a una prova più cicciotta (magari un romanzo), nella quale, chi scrive non ha dubbi, la sua esuberanza e il suo talento riusciranno ancora una volta a fare la differenza.
DISCO DA ABBINARE: Attic - The Return of the Witchfinder, perché il nuovo lavoro della heavy metal band tedesca, che si inserisce nel solco dell'heavy metal tradizionale più sulfureo (Mercyful Fate anyone?) senza disdegnare cavalcate maideniane e brevi ma efficaci puntate nel metal estremo (Dissection e Necrophobic docet), tratta le stesse tematiche del lavoro della De Rossi, riuscendo a evocare perfettamente le atmosfere che si respirano fra le pagine de "La Progenie del Sabba".
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